Le trattative cinesi e saudite (già in corso dal 2016) riguardo la vendita di petrolio in Yuan hanno avuto un’accelerazione con la crisi Ucraina. Il blocco delle riserve russe in dollari da parte degli USA hanno fatto crollare la credibilità di questa moneta.
La questione è semplice: se una nazione ha il potere di bloccare una valuta in qualsiasi momento si mette in discussione il principio base dell’avere una riserva.
Si è già assistito al blocco delle riserve a Venezuela ed Iran, ma mai ad una potenza militare come la Russia. Questo ha fatto mobilitare i cinesi. Il potere del dollaro proviene dall’enorme domanda di questa valuta, una domanda che dà un’enorme vantaggio a Washington e cioè la capacità di creare debito a costi irrisori.
Minare il dominio del dollaro nel commercio internazionale rappresenterebbe un duro colpo agli americani. Nel breve termine una crisi del dollaro sembra essere esclusa, secondo l’economista Lucio Gobbi dell’università di Trento, che dice:
Non risulta essere inoltre una novità il rapporto conflittuale tra USA ed Arabia Saudita. Una conferma arriva dall’EIA (Energy Information Administration – Dipartimento dell’Energia) che conta un import di 500.000 barili/giorno rispetto ai 2.000.000 barili/giorno degli anni ’90. I rumors sul sollevamento delle sanzioni ai Pasdaran non fanno contenti i sauditi, che si son rivolti a russi e cinesi; questi ultimi risultano essere i primi consumatori al mondo di greggio e intendono garantirsi un approvvigionamento pagato in yuan da uno dei maggiori produttori di petrolio al mondo. Nel 2021 i cinesi hanno avuto i sauditi come il principale fornitore di greggio con 1,76 milioni di barili al giorno.
La lacuna sta nel fatto che il Riyal Saudita sia ancorato al dollaro ed un suo indebolimento non gioverebbe all’economia saudita, per questo le trattative risultano complesse riguardo un eventuale accordo. Sul prestigio del dollaro, il prof Davide Tabarelli afferma che:
Per cui il pericolo non sta nell’accordo tra Cina ed Arabia Saudita in sé, ma nella possibilità che si uniscano a questi accordi altre nazioni a cui conviene distaccarsi dal dollaro come Siria, Iran e tutte le nazioni non allineate a Washington, il resto dei fornitori cinesi quali Russia, Angola e Iraq.
Bin Salman continua a valutare l’idea di una possibile quotazione di Futures sul petrolio in yuan e la Cina cerca di portarlo dal suo lato finanziando vari progetti quali: la realizzazione di missili balistici propri, cooperando sul programma nucleare e investendo nella città futuristica di Neom.
Un funzionario saudita conferma il tutto al Wall Street Journal:
Il vantaggio per Riyad nell’utilizzo dello yuan potrebbe essere una maggiore influenza su Pechino per ridurre l’appoggio all’Iran.